Allorché più imprese sono presenti in un cantiere, il diritto comunitario esige che venga designato un coordinatore per la sicurezza, e che questi rediga un piano di sicurezza qualora esistano rischi particolari. La circostanza che un permesso di costruire sia o no richiesto è irrilevante.
Questi gli importanti principi ribaditi dalla Corte di Giustizia UE, con la sentenza in data 07/10/2010 nel procedimento C-224/09.

La nomina del Coordinatore per la sicurezza
La direttiva riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili stabilisce che, in ogni cantiere in cui sono presenti più imprese, il committente o il responsabile dei lavori designa un coordinatore per la sicurezza e la salute, il quale è incaricato dell’attuazione dei principi generali di prevenzione e di sicurezza per la tutela dei lavoratori.
Nella sentenza odierna, la Corte ricorda dunque, in primo luogo, che la direttiva stabilisce senza equivoci l’obbligo di nominare un coordinatore in materia di sicurezza e di salute per ogni cantiere in cui sono presenti più imprese. Detta direttiva non ammette, quindi, alcuna deroga a tale obbligo. Pertanto, un coordinatore in materia di sicurezza e di salute deve essere sempre nominato per qualsiasi cantiere in cui sono presenti più imprese al momento della progettazione o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori, indipendentemente dalla circostanza che i lavori siano soggetti o meno a permesso di costruire ovvero che tale cantiere comporti o no rischi particolari.
La direttiva osta dunque ad una normativa nazionale che, nel caso di un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire e nel quale sono presenti più imprese, consenta di derogare all’obbligo (incombente al committente o al responsabile dei lavori) di nominare un coordinatore per la sicurezza e la salute al momento della progettazione dell’opera o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori.

L’obbligo di redazione del Piano di sicurezza
In secondo luogo la direttiva prescrive altresì che sia redatto un piano di sicurezza nel caso in cui si tratti di lavori che comportano rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tali lavori sono indicati in un elenco, non esaustivo, contenuto nella direttiva. Peraltro, per quanto riguarda il piano di sicurezza e di salute, la direttiva autorizza gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, a derogare all’obbligo di redigerlo, tranne nel caso in cui si tratti di lavori che comportano rischi particolari quali quelli enumerati nella direttiva o di lavori per i quali è richiesta una notifica preliminare.
Ne consegue che, per qualsiasi cantiere i cui lavori comportino rischi particolari, quali quelli elencati nella direttiva, deve essere redatto, prima della sua apertura, un piano di sicurezza e di salute, essendo irrilevante a tale riguardo il numero d’imprese presenti nel cantiere stesso. La direttiva osta, pertanto, ad una normativa nazionale che preveda l’obbligo per il coordinatore della realizzazione dell’opera di redigere un piano di sicurezza e di salute nel solo caso in cui, in un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire, intervengano più imprese, e che non assuma come criterio a fondamento di tale obbligo i rischi particolari quali contemplati in detta direttiva.

La legislazione italiana sul punto
La L. 88/2009 (Legge Comunitaria per il 2008) ha introdotto una modifica all’art. 90, comma 11 del D. Leg.vo 81/2008 (Testo unico della sicurezza sul lavoro) relativa all’obbligo, nei cantieri in cui sia prevista la presenza di più imprese, di nominare il coordinatore per la progettazione contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione.
La precedente formulazione della norma in questione stabiliva l’esenzione dal suddetto obbligo, nell’ambito dei lavori privati, per gli interventi non soggetti a permesso di costruire. Detta formulazione, risalente al vecchio decreto legislativo 494, e che prevedeva la nomina del coordinatore per la progettazione nei cantieri con almeno 200 uomini-giorno o in presenza di rischi particolari, aveva già dato adito alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 25 luglio 2008 (causa C-504/06, procedura di infrazione n. 2005/2200), con la quale lo Stato italiano è stato condannato ad attenersi alle indicazioni fornite con la direttiva 92/57/CEE del 24 giugno 1992, relativa all’obbligo del committente di designare uno o più coordinatori per la progettazione nel caso in cui in un cantiere temporaneo o mobile operino più imprese, indipendentemente da altre condizioni quale l’entità del cantiere o la presenza nello stesso di particolari rischi.
La nuova formulazione invece prevede che l’obbligo di designazione del coordinatore per la progettazione nei cantieri in cui sia prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, non si applica esclusivamente ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo inferiore ad Euro 100.000. In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sarebbero svolte dal coordinatore per l’esecuzione dei lavori.
Già in sede di esame della suddetta norma presso la VIII Commissione ambiente della Camera dei Deputati si è peraltro sottolineato come anche nella nuova formulazione sussistono ipotesi di non applicazione dell’obbligo di designazione del coordinatore per la progettazione, la cui compatibilità con la normativa comunitaria non è certa. E’ stato inoltre confermato un regime particolare per i lavori privati, che non ha motivo di essere sotto il profilo della sicurezza dei lavoratori.

Nella nuova edizione della norma EN 280:2013 è stato inserito un contenuto molto importante: la definizione delle caratteristiche minime che deve avere il punto di ancoraggio per attacco dei dispositivi allo scopo di impedire la caduta dell’operatore. La norma prescrive che devono essere previsti punti di ancoraggio per il collegamento di un dispositivo di trattenuta, il numero di ancoraggi previsti devono essere sufficienti per il numero di persone previste in piattaforma e ogni ancoraggio deve poter resistere a una sollecitazione statica di 3 kN senza raggiungere la resistenza ultima. Il punto di ancoraggio del sistema di trattenuta, così come definito, non è, quindi, assimilabile all’ancoraggio richiesto per l’anticaduta (EN 795/2012) in quanto la norma richiede una resistenza di 12 kN per una persona. Di conseguenza, non è applicabile sulle PLE, se non in modo parziale, la norma riferita ai sistemi di arresto caduta (EN 363).

Quali i dispositivi da utilizzare?

Possiamo perciò affermare che su una PLE a braccio si possono utilizzare i seguenti componenti del sistema anticaduta, i quali vanno applicati in modo tale da determinare una trattenuta totale (caduta impossibile):

  • Imbracatura completa per il corpo
  • Cordino di collegamento regolabile.

Potremmo pensare all’utilizzo di un cordino di collegamento non regolabile (quindi di lunghezza definita) solo se lo stesso non permette la fuoriuscita dall’operatore dalla piattaforma di lavoro (es. EN 354/EN 355). È obbligo del datore di lavoro valutare i rischi residui in modo da individuare la tipologia del sistema anticaduta più idoneo.

Il compito di un sistema di trattenuta totale nelle PLE a braccio

Trattenere l’operatore all’interno della piattaforma, nel caso si verificasse il cosiddetto “ effetto catapulta”. Mantenere la persona sospesa in caso di ribaltamento della piattaforma di lavoro per guasto del sistema di livellamento o rottura. L’operatore dovrà passare da una trattenuta totale a una sospensione senza subire un arresto caduta che potrebbe provocare:

  • danni all’operatore se la caduta supera i 0,6 metri, essendo lo stesso vincolato a un cordino regolabile, in questo caso potrebbe essere valutato l’utilizzo di un cordino regolabile (EN 358) con integrato un sistema di dissipazione (es. EN 355/353-2);
  • danni al sistema di aggancio in piattaforma e alla piattaforma stessa;
  • ribaltamento della PLE.

Nelle PLE verticali cosa utilizzare?

Secondo quanto indicato dall’allegato VI del D.Lgs 81/2008, sui ponti sviluppabili e simili vi è obbligo di utilizzo di “idonea cintura di sicurezza”, pertanto nelle PLE a sviluppo verticale vanno utilizzati gli stessi dispositivi citati per le PLE a braccio: • Imbracatura completa per il corpo • Cordino di collegamento regolabile Anche in questo caso è possibile utilizzare un cordino non regolabile (EN 354/EN 355) solo se lo stesso non permette la fuoriuscita dalla piattaforma, per esempio se utilizzato sempre nella stessa piattaforma.

Considerato che diventa difficoltoso rimanere collegati al punto di aggancio della piattaforma durante le lavorazioni, specie nel caso di piattaforme di grandi dimensioni e in presenza di più lavoratori a bordo, si può valutare l’obbligo di aggancio solo ogni qual volta si effettui un qualsiasi spostamento, sia verticale che orizzontale della PLE. Questo, ovviamente, supportato da una documentata valutazione del rischio, che escluda come rischio residuo nelle PLE verticali, la possibile caduta dell’operatore all’esterno della piattaforma.

Di fondamentale importanza, quindi, è sempre la valutazione del rischio da parte del datore di lavoro; la formazione e addestramento degli utilizzatori dei DPI (obbligatorio per tutti i DPI di 3^ categoria) unita ai controlli prima di ogni utilizzo; la corretta manutenzione e la verifica che va effettuata almeno una volta ogni dodici mesi, salvo diverse indicazioni del costruttore e registrata nell’apposito registro.

Chiarimenti su dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto. E’ stata, infatti, pubblicata in forma diCircolare n. 3 del 13 febbraio 2015 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali. E firmato anche dal Ministero dello sviluppo economico (Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, il Consumatore, la Vigilanza e la Normativa Tecnica) e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici – Servizio Tecnico Centrale)

Nella Circolare, che ha per oggetto “Dispositivi di ancoraggio per la protezione contro le cadute dall’alto. Chiarimenti”, si indica innanzitutto che il documento è la risposta a “numerose richieste di chiarimenti” pervenute ai Ministeri in relazione all’utilizzo, durante l’esecuzione dei lavori in quota, dei dispositivi di ancoraggio a cui vengono collegati i sistemi per la protezione contro le cadute dall’alto.

La circolare precisa che in funzione della loro installazione, esistono due tipologie di dispositivi di ancoraggio e per meglio presentare le due tipologie, il documento riporta anche altre informazioni.

Dispositivi di ancoraggio che seguono il lavoratore, installati non permanentemente nelle opere di costruzione e che sono quindi caratterizzati dall’essere amovibili e trasportabili (cosiddetti DPI – Dispositivi di Protezione Individuale); si ricorda che l’articolo 74, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 e smi ‘….intende per DPI qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza e la salute durante il lavoro’.  Inoltre l’articolo 76, comma 1, del medesimo decreto stabilisce che i ‘DPi devono essere conformi alle norme di cui al D.Lgs. n. 475/1992’ ed infine l’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 475/1992 prescrive che ‘….si intendono per DPI i prodotti che hanno la funzione di salvaguardare la persona che l’indossi o comunque li porti con se da rischi per la salute e la sicurezza….’. Da questo excursus normativo consegue dunque che “i dispositivi di ancoraggio installati non permanentemente nelle opere di costruzione ed aventi la funzione di salvaguardare il lavoratore da rischi per la salute e la sicurezza sono considerati DPI”. E dunque tali dispositivi di ancoraggio “presentano almeno le seguenti caratteristiche:

– sono portati in loco e messi in opera dal lavoratore;

– sono rimossi al termine del lavoro dal lavoratore stesso”.

Dispositivi di ancoraggio installati permanentemente nelle opere stesse e che, pertanto, sono caratterizzati dall’essere fissi e non trasportabili; rientrano in tale fattispecie tutti i dispositivi o sistemi che non seguono il lavoratore alla fine del lavoro, ma restano fissati alla struttura, ancorché taluni componenti del dispositivo o sistema siano “rimovibili”, perché, ad esempio, avvitati ad un supporto.

Per quanto riguarda la prima tipologia, tali dispositivi di ancoraggio devono presentare almeno le seguenti caratteristiche:

  • Sono portati in loco e messi in opera dal lavoratore;
  • Sono rimossi al termine del lavoro dal lavoratore stesso.

I dispositivi di ancoraggio rientranti nella seconda tipologia sono quelli installati permanentemente nelle opere di costruzione, quindi fissi e non trasportabili e gli stessi non rientrano nel campo di applicazione del D.lgs. n. 475/92 e s.m.i., e pertanto, non devono riportare la marcatura CE come DPI.

In conclusione, nella circolare viene precisato , “si ritiene che i dispositivi di ancoraggio destinati ad essere installati permanentemente in opere di costruzione siano da considerare prodotti da costruzione e come tali rientrino nel campo di applicazione del Regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2011 che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio.

Ok del CdM al decreto attuativo del Jobs Act: nel testo anche semplificazione degli adempimenti per la sicurezza sul lavoro

Lavoro regolare

Nei cantieri edili verrà meno l’obbligo di munire il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

Il decreto prevede la modifica della maxisanzione per il lavoro nero con l’introduzione degli importi sanzionatori per fasce e non legati alla singola giornata di lavoro irregolare. Le violazioni accertate potranno essere sanate a condizione che si mantenga al lavoro il personale precedentemente irregolare.

Le imprese scoperte ad impiegare personale in nero non subiranno la sospensione dell’attività.

Il documento ha suscitato le proteste del sindacato Fillea Cgil. Secondo il segretario generale, Walter Schiavella, si tratta di una spinta deregolativa e di un indebolimento di controlli in un momento di assoluta emergenza.

Sicurezza sul lavoro

Il datore di lavoro potrà svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, prevenzione degli incendi ed evacuazione anche nelle imprese o unità produttive che superano i cinque lavoratori.

La bozza di decreto prevede che l’Inail metta a disposizione al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio. L’Istituto attiverà sul proprio sito web un servizio che migliorerà l’acquisizione delle informazioni necessarie per il calcolo del premio assicurativo.

Sarà a carico dell’Inail e non del datore di lavoro anche l’invio all’autorità di pubblica sicurezza delle informazioni relative alle denunce di infortunio mortali o con prognosi superiore a trenta giorni.

Non ci sarà più l’obbligo di tenuta del registro infortuni. La misura anticipa l’istituzione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP).

Saranno snellite le procedure di designazione dei membri del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Verranno inoltre ridotti i componenti della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.

“Si dice comunemente che il bambino vive in un mondo adulto, progettato dagli adulti per gli adulti. Se questa affermazione è reale, deve essere anche vero che gli incidenti dei bambini sono prevedibili e prevenibili, che la loro tipologia varia sicuramente a seconda della fascia di età e dell’ambiente in cui si trovano, della struttura, dell’impianto o dell’oggetto con cui entrano in contatto e soprattutto del ruolo degli adulti a cui è affidata non solo la cura e l’educazione, ma la attenta custodia dei minori”.

La prevenzione per fasce d’età

La guida elenca sinteticamente e suddividendoli per mesi e fasi di crescita, tutti i rischi domestici nei quali possono incorrere i bambini e le maggiori misure di prevenzione. 1 mese, 3 mesi, 6, 9, quindi 12, 18 mesi, passando per i 2 e 3 anni fino ai 6.

“A 9 mesi. Si alza aggrappandosi. Si mette seduto. Prende piccoli oggetti. Lascia cadere o scaglia volontariamente giocattoli e altre cose che riesce a raggiungere. Tocca tutto. Esplora con la bocca tutto quello che gli passa a tiro. Batte le mani. Imita i suoni. Rischi principali: di caduta, di asfissia/annegamento, di ustione, di incidente a bordo dell’automobile”.

Misure di prevenzione suggerite. Fasciatoi con bordi alti, non lasciare il bimbo solo nel bagnetto, bloccare i mobili bassi con bloccaporte, usare i paraspigoli, non usare il girello, in auto usare un seggiolino adeguato.

La guida è per mamme e papà ovviamente, ma può essere utile anche a chiunque altro sia a contatto con i bambini. Nonni, ma poi baby-sitter, assistenti dell’asilo o della scuola. A tutti ricorda innanzitutto come, per la sua sicurezza, sia necessario “non trattare il bambino come un giocattolo inanimato: è capace di azioni che solo il giorno prima non era in grado di fare e che noi mai pensavamo potesse fare il giorno dopo”.

 

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_opuscoliPoster_236_allegato.pdf

Il Quaderno “La casa e i suoi pericoli”, presentato in una nuova edizione Inail aggiornata nei contenuti e nella veste grafica, propone con un linguaggio divulgativo una sintesi dei principali interventi di primo soccorso da attuare in caso di incidenti domestici. Il manuale rappresenta uno strumento chiaro e di facile consultazione per chiunque si trovi nella circostanza di portare soccorso in occasione di un infortunio avvenuto tra le mura domestiche, nell’attesa dell’arrivo di soccorso qualificato.
Allo scopo il testo è accompagnato da numerose immagini nell’intento di poter rendere più semplice ed immediato l’apprendimento.

Scade il 1° marzo 2015, il termine per la presentazione delle domande di riconoscimento dello svolgimento di lavori particolarmente faticosi e pesanti, a favore dei lavoratori soggetti che perfezionano i prescritti requisiti nell’anno 2015.

Lo comunica l’Inps con un messaggio del 30 dicembre 2014 che, richiamato il DLgs 67/2011 (Accesso anticipato al pensionamento… di tale categoria di lavoratori, Nda) ricorda che il beneficio viene concesso “anche da dipendenti delle Gestioni dipendenti privati e pubblici… che raggiungono il diritto alla pensione di anzianità con il cumulo della contribuzione versata in una delle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi secondo le regole (Appositamente previste, Nda)”.

I lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti, per quelli addetti alla “linea catena” e per iconducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo possono conseguire il trattamento pensionistico se entro il 2015 maturano i requisiti di almeno 35 anni di anzianità contributiva, un’età minima di 61 anni e 3 mesi, la quota 97,3 (98,3 se lavoratori autonomi).

I requisiti sono adeguati all’incremento della speranza di vita per effetto del DM 6 dicembre 2011, in attuazione dell’art. 12 della L.122/2010 (Finanziaria che ha introdotto dal 1° gennaio 2011, una nuova disciplina in materia di decorrenza della pensione di vecchiaia).

Per i lavoratori notturni il beneficio viene riconosciuto in riferimento ai requisiti posseduti dagli interessati a seconda del numero dei giorni lavorativi (pari o superiore a 78 all’anno, da 72 a 77 all’anno, da 64 a 71 all’anno).

La domanda del riconoscimento, conclude il messaggio dell’Inps, deve riportare tutte le informazioni che sono considerate condizioni necessarie ai fini della procedibilità dell’istanza. In particolare l’interessato deve:

  • indicare la volontà di avvalersi, per l’accesso al pensionamento, del beneficio;
  • specificare i periodi per i quali è stata svolta ciascuna delle attività considerate come particolarmente faticose e pesanti;
  • in caso di lavoro notturno dovranno essere indicate anche il numero delle notti per ciascun anno.

Con il decreto del presidente del consiglio dei Ministri 17 dicembre 2014 (in S.O. n. 97 alla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2014, n. 299) è stato ufficialmente approvato «modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2015» (cosiddetto MUD).

Il modello deve essere utilizzato per le dichiarazioni da  presentare, entro il 30 aprile 2015, con riferimento all’anno precedente e sino alla piena entrata in operatività del “Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” (SISTRI).

 

L’Inail mette a disposizione un fondo di oltre 250 milioni di euro finalizzati a finanziare a fondo perduto i progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Vengono finanziati:

  • Ristrutturazione o modifica degli ambienti di lavoro
  • Acquisto di macchine
  • Acquisto di dispositivi per lo svolgimento di attività in ambienti confinati
  • Installazione, modifica o adeguamento di impianti elettrici, antincendio, di aspirazione e ventilazione

I destinatari degli incentivi sono le imprese, anche individuali, iscritte alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. I finanziamenti vengono assegnati fino a esaurimento, secondo l’ordine cronologico di arrivo delle domande.
Il contributo, pari al 65% dell’investimento, per un massimo di 130.000 euro, viene erogato dopo la verifica tecnico-amministrativa e la realizzazione del progetto.

 

Per maggiori info contattateci.